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martedì 19 marzo 2013

Cercare Dio al confine…




Il “buonasera” alle migliaia di “fratelli e sorelle” che lo applaudivano dalla piazza era un altro segnale di coerenza con la scelta del suo nuovo nome da Pontefice e Vescovo di Roma. Perché molti sono riandati con la memoria al Cantico delle Creature del santo poverello d’Assisi. Che amava tanto Madonna povertà da farsi povero da ricco che era, tanto da andarsene in giro a piedi scalzi invece che in sella ai cavalli di razza delle scuderie assisiati, da chiamare fratelli e sorelle le cose semplici del Creato, non i tesori del mondo e il potere sul mondo.
Da un cardinale che se ne va in giro con i mezzi pubblici o a piedi per i quartieri più poveri della sua Buenos Aires e che vola in classe turistica, c’era da attendersi una tale scelta. Un colto cardinale argentino di origini piemontesi che conosce bene la letteratura per averla insegnata (assieme alla psicologia) negli anni Sessanta, che ha studiato teologia e filosofia ha scelto dunque di chiamarsi, per la prima volta nella storia della Chiesa, con il nome del poverello per antonomasia.
Qualcuno ha creduto di vedere già in questo una dichiarazione di distanza ideologica e di contrapposizione al passato della Chiesa, se non che la figura di Francesco d’Assisi, se ben approfondita, rivela tutt’altro. Nel senso che il santo non aveva nessuna intenzione di contrapporsi frontalmente alla Chiesa e al Papa: anzi, operò in modo da combattere le eresie pauperistiche che nel Duecento avevano fatto molti proseliti riportando alla Chiesa molta gente, non con proclami ideologici e teologici, ma semplicemente con l’esempio. Francesco non saliva sui pulpiti, ma divideva quello che aveva con i poveri e i malati. Credeva in quello in cui credeva la Chiesa universale, non aggiungeva glosse ai vangeli, non faceva comizi nelle pubbliche piazze.
Volle diventare ed essere considerato pietra scartata perché la Chiesa divenisse testata d’angolo, non se stesso. Questo essere-per-l’altro, questa attenzione per i poveri e gli ultimi lo ha portato ad essere uno dei santi più amati nel mondo cristiano, e il suo Cantico delle creature, pur nella sua semplicità e nella sua “petrosa” scansione del dialetto umbro, è divenuto uno dei testi più esemplari della letteratura (non solo di quella religiosa) mondiale. E questo il “colto” Papa che ora porta il suo nome lo sa bene.
Come si vede, il nome Francesco torna sia nella scelta di aiutare gli ultimi e di essere povero tra i poveri. Una scelta che parla chiaro a livello “ideologico”: Francesco rimase sempre fedele agli insegnamenti della Chiesa, non allontanandosi mai da essi pur nella sua missione tra gli ultimi. La scelta di questo nome può significare anche e soprattutto questo: cercare Dio nei territori di confine restando ancorati alla “patria” Chiesa. Si parla di discontinuità con Benedetto XVI, ma questo amore per le “distanze” dettate dalla miseria e della povertà, richiama quella scelta della “distanza” e del nascondimento per rimanere nell’amore per la Madre Chiesa del suo predecessore.
(Marco Testi - Sir Attualità, 14 marzo 2013)

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